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giovedì 28 ottobre 2010

Quando il problema delle precedenze si pone al di fuori dell'ambiente strada.

Milano, 28 ottobre 2010, ore 11.00, all'interno di una filiale di una banca importante.
Arrivo in banca accompagnando mia madre, la quale deve fare alcune operazioni allo sportello.
Arriviamo e notiamo con piacere che non c'è nessuno in attesa prima di noi, ma dobbiamo comunque munirci di biglietto per accedere allo sportello. Essendo anch'io correntista nella stessa banca, anche se non nella stessa filiale, utilizzo la mia carta bancomat per avere il diritto di precedenza e non essere sorpassati da qualcuno che eventualmente arrivasse dopo di noi ed utilizzasse a sua volta la carta, beffandoci. Tiro fuori la carta e mentre la sto inserendo nella macchina che da i biglietti, vedo avvicinarsi a noi un signore distinto sui 50 anni che ci guarda un momento e poi si allontana. Noi continuiamo nell'operazione, ritiriamo il biglietto, leggiamo il numero e la lettera che vi sono scritti ed alziamo lo sguardo per informarci a che numero sono arrivati. Mentre scatta il nuovo numero per l'accesso agli sportelli, vediamo che è proprio il nostro numero, ma quando leggiamo anche il numero dello sportello verso cui rivolgerci, vediamo che non è libero ed è allora che noto la stessa persona che avevo visto poco prima allontanarsi da noi. E' lì, allo sportello dove alle spalle della cassiera fa bella mostra di sé il nostro numerino. Attendo qualche istante, poi con mia madre decidiamo che forse ci conviene procurarci anche un biglietto normale, non privilegiato, nel caso in cui chiamassero un altro numero. Eccoci quindi ad attendere con due biglietti in mano, mentre allo sportello l'operazione del distinto signore cinquantenne procede. A questo punto la situazione si fa finalmente chiara ai miei occhi: eravamo stati gabbati da quell'uomo, il quale si era presentato allo sportello prima di noi, senza presentare il biglietto, ma lasciando credere alla cassiera di averlo. Io da parte mia all'inizio avevo pensato che quella persona dovesse solo consegnare un documento, magari a completamento di un'operazione precedente, per cui non sono intervenuto subito, anche perché la cassiera stessa aveva avallato con il suo comportamento questo fraintendimento. Nel frattempo nessun altro numero viene chiamato e quando finalmente il nostro “amico” ha finito, cosa succede? Scatta un altro numero e compare il nostro secondo numerino. Quando raggiungo la cassiera le faccio presente con pacatezza la situazione e allora lei mi risponde che aveva pensato che quello fosse il turno di quel signore, visto il modo in cui si era presentato.

Considerazioni:
- la cassiera comunque avrebbe dovuto verificare il possesso del biglietto da parte del cliente che di volta in volta si presenta al suo sportello. Altrimenti a che serve quel sistema di regolazione delle precedenze? Questo però vuol dire che probabilmente questa situazione non è tanto comune, se ha sorpreso anche lei, oltre che me.
- guardiamo la cosa dal punto di vista della fretta. Noi non avevamo una fretta eccessiva, anche se non volevamo che qualcuno ci passasse davanti. Non sappiamo come fosse messo riguardo alla fretta il nostro scortese collega cliente. Chissà, magari aveva una fretta mortale.... Certo, in quel caso poteva anche dirlo! O forse la fretta non c'entra...
- comunque alla fine sono stato contento di non essere intervenuto direttamente con quella persona, a reclamare certo un mio diritto, ma anche a rischiare di far intervenire - a sproposito, come sempre - il Giustiziere che c'è in me!

Voi come vi sareste comportati?

mercoledì 8 settembre 2010

Lettera aperta ai politici. Risposta, indiretta, all'Assessore Riccardi

http://www.regione.fvg.it/rafvg/giunta/dettaglio.act?dir=/rafvg/cms/RAFVG/Giunta/riccardi/comunicati/&id=36234&ass=B06&WT.ti=Ricerca%C2%A0comunicati%C2%A0stampa


“Una guerra contro gli incidenti stradali”, così inizia il resoconto della conferenza stampa del 7 settembre '10 presso la Regione Friuli Venezia Giulia.

Questa frase mi ricorda, per assonanza, un'altra frase che alcuni pacifisti “ad oltranza” scandivano nei cortei degli anni '70/'80: “Guerra alla guerra!” Dico questo perché gli incidenti stradali sono di per sé una guerra. Ma una guerra non si combatte facendole guerra, cioè usando le sue stesse armi.

Gli incidenti stradali sono....sono.... Già, questa è una domanda da un milione di dollari. Posso dire con certezza cosa gli incidenti stradali non sono. Ebbene la prevenzione degli incidenti stradali, così come la sicurezza stradale, non sono un problema del singolo e quindi dei ragazzi che saranno coinvolti con questi corsi di Educazione stradale, anzi, meglio, di Educazione alla Sicurezza stradale. La prevenzione degli incidenti stradali e la sicurezza stradale sono un problema delle istituzioni, quando decidono di farsene carico. Il paradosso - perché qui tutta la situazione è paradossale – è che conviene occuparsene e soprattutto conviene non risolverlo. La situazione, così com'è, fa comodo a molti. Si è creato un business della sicurezza stradale. Mettiamola così. C'è un Persecutore (l'incidente stradale) che spadroneggia e terrorizza la gente per le strade. C'è un Salvatore (politici ed esperti di varia natura) che interviene per ucciderlo/castigarlo/punirlo/rieducarlo e liberare così la sua povera Vittima (gli utenti della strada) dalla sua nefasta influenza. Bene, anzi, benissimo! Ma quando finisce il film? Quando il nostro, Superman, Rambo, Mandrake, Uomo ragno, Tex Willer della situazione conclude la sua missione e torna a vita civile? La risposta è.. mai! Ma allora c'è qualcosa che non torna. La favoletta di prima si rivela allora per quello che è...una favoletta, appunto!

I dati di realtà, invece, di cui è assolutamente necessario tenere conto sono che:

1°- Il Salvatore costa. Nessuno lavora gratis. Quindi potrebbe essere percepito quale persecutore, dal punto di vista del bilancio dell'Amministrazione Committente dell'intervento o da quello del bilancio famigliare del singolo (si pensi ai costi delle assicurazioni o degli artigiani che ti riparano la macchina dopo l'incidente).

2°- Il persecutore quale Salvatore del Salvatore. Sia dell'esperto, in termini economici, sia del politico, in termini di ritorno di immagine. Le guerre servono!

3°- Chi paga davvero? Chi è la vera vittima in tutto questo? La vera vittima non è tanto e non solo il bilancio dell'istituzione committente, o del singolo. La vera vittima sono le potenzialità di crescita dell'individuo e della collettività. La vera vittima è l'attenzione verso la virtuosità, vero motore della sicurezza.

La vera vittima è il punto di vista della persona, alla quale non interessano le statistiche, che invece interessano alle istituzioni. Alla singola persona interessa l'aspetto umano e non quello ingegneristico del suo muoversi nel traffico. Interessa ciò che può scoprire e non ciò che deve evitare. Al singolo interessa e conviene coltivare la virtù e non la sicurezza. Alla sicurezza deve pensare l'istituzione, ma non, come nel caso in questione, facendo in modo da porlo in capo di nuovo al singolo. Questo corto-circuito, al di là della sua immoralità, non funziona!


Grazie dell'attenzione.


Dr. Sabino Cannone (psicologo-psicoterapeuta, esperto in psicologia del traffico)

venerdì 3 settembre 2010

Reporter all'opera.

Questa foto l'ho scattata un paio di settimane fa, percorrendo una bretella della ex S.S. 412 della Val Tidone, ora strada provinciale, all'altezza del Comune di Torrevecchia Pia, in provincia di Pavia. Sconcerta questo limite di velocità a 40 Km. orari, in una strada come questa, con poco traffico ed in questo momento addirittura deserta, con il manto stradale impeccabile e senza intersezioni. Un bel rettilineo di un paio di chilometri. Non stupisce quindi, che nessuno, a parte il sottoscritto (giusto per vedere l'effetto che fa), solitamente rispetti questo cartello. Vogliamo parlare di doppio legame? Comunque agisci, sbagli! O sei fesso, se rispetti un limite tanto assurdo; oppure sei cattivo, perché hai trasgredito nei confronti di una legge, comunque valida a tutti gli effetti!
Rimane una terza possibilità, remota ma possibile: che la limitazione abbia una qualche ragion d'essere... ma comunque sconosciuta al comune utente della strada!
Nel qual caso continueremmo a trovarci nel campo patologico del doppio legame, perché il messaggio che passa è quello della disconferma: tu non esisti, cioè tu guidatore non hai il diritto di  pretendere da me, istituzione, comunicazioni chiare e coerenti.

giovedì 2 settembre 2010

Commento all'articolo “Italiani al volante pericolo costante? Secondo l'Economist, sì”.

Questo post è il commento, pubblicato, ad un articolo comparso il 31 agosto sul sito Exite.it

http://motori.excite.it/italiani-al-volante-pericolo-costante-secondo-leconomist-si-N51184.html?clear_cache=1#leave_comment

Salve, mi chiamo Sabino Cannone, sono psicologo-psicoterapeuta, esperto in psicologia del traffico.
Intervengo in merito all'articolo “Italiani al volante pericolo costante? Secondo l'Economist, sì”. Sono andato a leggermi l'articolo originale del “The Economist”, cercandolo all'interno del loro sito, compresi i commenti ed ho appreso così che il titolo originale era: “Strade in rovina. Un ottimistico tentativo di imporre l'ordine sulle strade d'Italia”.
La versione italiana invece riecheggia il motto: “Donna al volante, pericolo costante”.
In questo sviando dal tema trattato, presente invece nell'incipit dell'articolo inglese: “Anarchia, ignoranza della legge o solo la credenza che le regole siano un optional”.
Vorrei quindi soffermarmi brevemente proprio su questi temi.
Dando per acquisita la veridicità di tali affermazioni, naturalmente non nel senso che questo valga per tutti gli italiani, bensì nel senso del comune sentire (interno ed esterno all'Italia), rimane da chiedersi: quali cause hanno portato a simili effetti?
Ovviamente questa è una domanda da un milione di dollari, nel mio piccolo, come tecnico del fattore umano, posso solo rilevare che il comportamento degli italiani sulla strada risente molto dell'ambiente politico/culturale di riferimento. Che credibilità ha da noi la legge, in generale? Che credibilità hanno le istituzioni? Che esempio forniscono a questo riguardo coloro che dovrebbero essere presi a modello di comportamento? Ma ancora di più: che cosa significa per il singolo il concetto di sicurezza, stradale e non? Non significa assolutamente niente.
La sicurezza stradale è, né più né meno, che una parola feticcio. Ci si riempie la bocca con essa, soprattutto i politici, ma non significa niente. E' un'entità statistica. Si riferisce al dato statistico auspicato: "incidenti zero", o più realisticamente, al dato statistico auspicato: "incidenti...un po' meno”. Non sto parlando, sia charo, delle vittime della strada - a qualsiasi titolo - quelle sono entità concrete, persone in carne ed ossa e rispetto la loro triste sorte; mi riferisco proprio al concetto di sicurezza stradale. E' un concetto pericoloso per il vivere civile, oltre che fumoso ed aleatorio, perché spinge nella direzione del conformismo e della de-responsabilizzazione. Sicurezza per chi? Per il singolo o per il sistema? Il termine sicurezza deriva dal latino “sine-cura, cioè assenza di cura, senza problemi, non me ne devo curare. Su questa strada si arriva ben presto al “me ne fotto” di chi trasgredisce volutamente le regole, del Codice della strada e non solo. Vi sembrano poi tanto diversi, in questa prospettiva, la guardia ed il ladro? A me sinceramente no. Proporrei quindi un cambio di paradigma: dal concetto di guidatore sicuro a quello di guidatore virtuoso. L'unico che possa avere un senso per il singolo ed aiutarlo a crescere, come individuo e come collettività.

Per chi fosse interessato e volesse saperne di più a tal proposito, suggerisco di visitare il blog che ho dedicato a queste tematiche, tramite il seguente link:
http://laviadellaguida.blogspot.com/

Segnalo inoltre il riferimento al gruppo che ho di recente aperto su Facebook, dal titolo: LA VIA DELLA GUIDA.

Grazie per l'attenzione. Dr. Sabino Cannone

martedì 31 agosto 2010

LA VIA DELLA GUIDA a scuola

LA VIA DELLA GUIDA ha mosso i suoi primi passi nell'operatività, nella primavera del 2009, a Belluno, con un progetto originale di sperimentazione nel campo dell'educazione stradale. Da quell'esperienza ho tratto un filmato, diviso in due parti. Riporto il link a You Tube della prima parte, da li, volendo, è facile accedere anche alla seconda parte. Buona visione!

http://www.youtube.com/watch?v=hvyumrfI7Uk

domenica 29 agosto 2010

Commento all'articolo: “Contravvenzione? Lei non sa chi sono io”.

http://www.facebook.com/notes/villacidronet/lon-sisinnio-piras-denunciato-per-violenza-minacce-e-lesioni-a-pubblico-ufficial/439340026896#!/photo.php?pid=14506041&fbid=10150233207865162&op=1&view=all&subj=439340026896&aid=-1&auser=0&oid=439340026896&id=392581310161

Riporto il mio intervento scritto per il giornale "La Nuova Sardegna" e non (ancora) pubblicato.


Alla cortese attenzione della Redazione del giornale “La Nuova Sardegna”.

Gentile Redazione de “La Nuova Sardegna”,

mi chiamo Sabino Cannone, sono psicologo-psicoterapeuta, esperto in psicologia del traffico.
Intervengo in merito all'episodio descritto nell'articolo di Mauro Lissia pubblicato ieri 28.08.2010, sul Vostro giornale, perché, oltre al caso singolo, mi pare emblematico di un certo modo di pensare, di un certo clima culturale.

Per presentare il 1° workshop di guida virtuosa, a cui invito vivamente l'On. e Consigliere Regionale Sisinnio Piras a partecipare, ho usato le seguenti parole: “Parafrasando Shakespeare: essere e non essere, questa è la Via. Il Tao, la Via, è integrazione delle polarità.”. La polarità dell'essere e quella del non essere. L'espressione “Lei non sa chi sono io”, così come il dito medio alzato, o peggio, l'investire fisicamente un vigile, sono la conseguenza di un eccesso di “essere”, a spese del non essere. Un eccesso di pieno, a scapito del vuoto. Il non essere, il vuoto, diventano intollerabili. E non solo per il protagonista di questa incresciosa vicenda, ma per tutta la nostra società.
Il clima culturale è quello che premia il concetto di sicurezza a scapito di quello di condivisione, ciò che invece garantirebbe una “sicurezza” reale.
Nell'ambito del campo in cui lavoro, questo clima culturale ha trovato espressione nel concetto di sicurezza stradale e di guida sicura.
La sicurezza stradale è, né più né meno, che una parola feticcio. Ci si riempie la bocca con essa, soprattutto i politici, ma non significa niente. E' un'entità statistica. Si riferisce al dato statistico auspicato: "incidenti zero", o più realisticamente, al dato statistico auspicato: "incidenti...un po' meno”. Non sto parlando, sia charo, delle vittime della strada - a qualsiasi titolo - quelle sono entità concrete, persone in carne ed ossa e rispetto la loro triste sorte; mi riferisco proprio al concetto di sicurezza stradale. E' un concetto pericoloso per il vivere civile, oltre che fumoso ed aleatorio, perché spinge nella direzione del conformismo e della de-responsabilizzazione. Sicurezza per chi? Per il singolo o per il sistema? Il termine sicurezza deriva dal latino “sine-cura, cioè assenza di cura, senza problemi, non me ne devo curare. Su questa strada si arriva ben presto al “me ne fotto” di chi trasgredisce volutamente le regole, del Codice della strada e non solo. Vi sembrano poi tanto diversi, in questa prospettiva, la guardia ed il ladro? A me sinceramente no. In questo caso, cioé l'episodio che stiamo discutendo, la guardia è chi fa le leggi (il politico) e non chi è chiamato a farle rispettare (l'agente di polizia municipale, un vero eroe dei nostri tempi). Proporrei quindi un cambio di paradigma: dal concetto di guidatore sicuro a quello di guidatore virtuoso.

Per chi fosse interessato e volesse saperne di più a tal proposito, suggerisco di visitare il blog che ho dedicato a queste tematiche, tramite il seguente link:
http://laviadellaguida.blogspot.com/

Segnalo inoltre il riferimento al gruppo che ho di recente aperto su Facebook, dal titolo: LA VIA DELLA GUIDA.

Grazie per l'attenzione. Dr. Sabino Cannone

venerdì 27 agosto 2010

Commento alla presentazione del libro di Umberto Galimberti: “L'ospite inquietante: il nichilismo e i giovani ”.

http://www.linkedin.com/news?viewArticle=&articleID=140890607&gid=2311030&type=member&item=23478300&articleURL=http%3A%2F%2Fwww.youtube.com%2Fwatch%3Fv%3DUQcvpevBVfI&urlhash=fBh6&goback=.gmp_2311030.gde_2311030_member_23478300

“I giovani stanno male, non per ragioni esistenziali”, dice Umberto Galimberti ed aggiunge: “La qualità del disagio giovanile oggi non è di carattere psicologico, ma culturale”, rintracciando la causa di questo disagio culturale nel nichilismo, cioè - citando Nitzsche - ”nella perdita di valore di tutti i valori. Ogni cosa si avvolge su sé stessa, in un'assenza assoluta di orizzonte e di orientamento.”. E conclude: “Questo ospite inquietante, il nichilismo, è entrato davvero nella psicologia dei nostri giovani, nella configurazione tipica del nostro tempo, che è quella di un'assenza di futuro.”.
Giovani e droga: rito di iniziazione, rito dell'esperienza del morire. Proposta di Galimberti di far incuriosire i giovani delle loro virtù. Per arrivare a coltivare l'arte del vivere. Investimento su di sé. I giovani come i fiori: “Che bello vederli fiorire, invece che appassire”. Quindi: “Conosci te stesso, individua la tua virtù, falla esplodere". Questa è la felicità, secondo Galimberti e secondo gli antichi greci.
Questo tema mi intriga parecchio, mi appassiona e lo sento intrinsecamente vero.
Io personalmente ci ho messo quasi due decenni - più una vita - per scoprire qual'è la mia virtù. Sono arrivato alla conclusione che la mia virtù, dal punto di vista lavorativo, è tutta concentrata nel Progetto “LA VIA DELLA GUIDA: come trasformare lo stress della guida nel traffico in un'occasione di crescita individuale e collettiva”. La potrei definire come una proposta per “condur-si”, conducendo, in modo virtuoso”.
LA VIA DELLA GUIDA è: un progetto politico (non partitico), un' attività di volontariato, psicologia applicata, una proposta eticamente connotata, mobilità sostenibile, attenzione all'ambiente esterno/interiore, una nuova arte marziale, etc.
La mia virtù, da un punto di vista più privato e personale, è la nascita - tardiva - di mia figlia Stella.
Mettersi al mondo, mettendo al mondo. La virtù della generatività: di un progetto, come di un figlio.
Creatività e procreatività hanno la stessa radice, in termini affettivi sono la stessa cosa. Questo crea futuro, per i giovani e per i meno giovani.
E per finire riprenderei la conclusione della intervista/presentazione di Galimberti: “Se i giovani sapessero appassionarsi e innamorarsi di sé e soprattutto alle proprie capacità, provando il gusto di vederle fiorire, forse l'ospite inquietante - il nichilismo - non sarebbe passato invano.”.
E' importante questo passaggio. Con esso si accetta il dato di fatto della presenza del nichilismo. Anziché negarla, rimuoverla o attaccarla (in nome dei più svariati valori), se ne prende atto e si cerca di darle un senso in positivo. La crisi dei valori può generare quel “nuovo” che i valori, tutti i valori, tendono a sacrificare.
Questo senza entrare nelle problematiche “concrete”, nei problemi “oggettivi” che la sovrapopolazione, e l'inquinamento del pianeta pongono per chi erediterà il futuro e che concorrono a creare quel disagio culturale di cui Galimberti parlava all'inizio.
Forse quel “nuovo” che la crisi dei valori genera è l'irrobustimento di un sano istinto di sopravvivenza, declinato a livelo di specie. Un sano narcisismo di specie, che viaggia in parallelo con un sano narcisimo individuale, auspicato da Galimberti nel suo libro.
Ciò di cui abbiamo bisogno e qui sono io a parlare, è un salto quantico di specie. Una mutazione specie-specifica dell'Homo Sapiens. Ma non di quella mutazione, peraltro già in atto, che sta portando la nostra specie ad ibridarsi con la tecnologia. In un mondo inquinato ed inospitale solo questi ibridi potranno sopravvivere.

giovedì 26 agosto 2010

Le recenti novità nel Codice della strada a proposito di Educazione stradale

Gentile Redazione di Risorsa Longevità e gentili lettori, mi chiamo Sabino Cannone, sono psicologo-psicoterapeuta, esperto in psicologia del traffico.
Come esperto in materia, desidererei fornire alcune informazioni che credo possano essere utili per il dibattito avviato con l'articolo apparso ieri sul vostro sito:
http://www.risorsalongevita.org/?p=6905

Sono entrato nella grande (ma numericamente ristretta) famiglia degli psicologi del traffico nel 1993, proprio in conseguenza della promulgazione dell'allora Nuovo Codice della Strada che prevedeva l'istituzione dell'Educazione stradale obbligatoria per tutte le scuole di ogni ordine e grado ed una visita psicologica obbligatoria per prendere la patente. Norma quest'ultima mai resa operativa e ben presto cancellata. Da allora mi sono occupato di Educazione stradale nelle scuole e di formazione formatori. Vorrei dire la mia rispetto alle novità legislative introdotte di recente al Nuovo Codice della strada, in particolare per quanto riguarda l'ex art. 230, quello che normava l'attivtà di Educazione stradale nelle scuole. Apparentemente, nella sostanza non ci sono grandi variazioni rispetto al testo precedente, ma quelle poche sono, io credo, significative di una tendenza che vorrei esplicitare e commentare. Queste variazioni hanno generato anche un'incongruenza formale, che mi accingo a riportare.
L'incongruenza formale è data dal fatto che con le modifiche di recente apportate a questo articolo, si elimina il riferimento alle “associazioni ambientaliste riconosciute dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, di società sportive ciclistiche nonché di enti e associazioni di comprovata esperienza nel settore della prevenzione e della sicurezza stradale e della promozione ciclistica individuati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti”. Per cui quando successivamente si fa riferimento al comma 2 dell'ex art. 230, che è rimasto inalterato, si legge: “Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con propria ordinanza, disciplina le modalità di svolgimento dei predetti programmi nelle scuole, anche con l'ausilio degli appartenenti ai Corpi di polizia municipale, nonché di personale esperto appartenente alle predette istituzioni pubbliche e private”. Quali? Già, predette, dette prima. Proprio la parte che è stata tagliata. E qui, per concludere, viene il riferimento al merito dalla variazione. Viene tagliato il riferimento proprio all'aspetto della mobilità sostenibile che qualificava, secondo me, il termine di educazione stradale. Ora la strada è spianata per l'imperio della Sicurezza stradale. Concetto pericoloso per il vivere civile, oltre che fumoso ed aleatorio, perché spinge nella direzione del conformismo e della de-responsabilizzazione. So, di avere detto parole molto pesanti e forse anche scandolose, per cui, se vorrete avere la pazienza di seguirmi sul blog che ho di recente aperto e che è dedicato proprio a spiegare le mie idee su questo tema, ve ne sarò grato.
I riferimenti sono due. Il primo è al mio blog:
http://laviadellaguida.blogspot.com/

il secondo è al gruppo che ho aperto su Facebook:
http://www.facebook.com/profile.php?id=100000056895653#!/group.php?gid=112109345509009&ref=ts

Grazie per l'attenzione. Dr. Sabino Cannone

mercoledì 25 agosto 2010

Commento al post: Guido con Prudenza

Gentile Ezio Notte e gentili lettori de l'Automobilista.it, mi chiamo Sabino Cannone, sono psicologo-psicoterapeuta, esperto in psicologia del traffico.
Come esperto in materia, desidererei fornire alcune informazioni che credo possano essere utili per il dibattito. 
In merito all'efficacia della campagna in oggetto, così come di tutte le campagne informative sullo stesso tema, esiste uno studio accuratissimo promosso dall'Unione Europea, il Progetto GADGET, in base al quale risulta che: "Il fattore principale che determina il successo di una campagna deve essere individuato nell'articolazione delle azioni associate ad essa. La campagna da sola non è in grado di produrre una riduzione significativa del numero di incidenti. La campagna deve essere concepita come parte di un insieme complesso di interventi.". (Delhomme et al., 2001). E quindi, per rimanere aderenti al tema dell'articolo, i controlli sono utili e necessari. Fin qui il tecnico. Cosa dice ora lo psicoterapeuta? Lo psicoterapeuta che vive in me si interroga invece sul senso di tutto ciò che chiamiamo "Sicurezza stradale". Essa è, ne più né più né meno, che una parola feticcio. Ci si riempie la bocca con essa, soprattutto i politici, ma non significa niente. E' un'entità statistica. Si riferisce al dato statistico auspicato "incidenti zero", o più realisticamente, al dato statistico auspicato"incidenti...un po' meno". Non sto parlando delle vittime della strada, quelle purtroppo sono entità concrete, persone in carne ed ossa. Mi riferisco proprio al concetto di sicurezza stradale. Sicurezza per chi? Il termine "sicurezza" deriva dal latino "sine-cura", cioè assenza di cura, senza problemi, non me ne devo curare. Su questa strada si arriva ben presto al "me ne fotto" di chi trasgredisce volutamente le regole, del Codice della strada e non solo. Vi sembrano poi tanto diversi, in questa prospettiva, la guardia e il ladro?  A me sinceramente no. Proporrei quindi un cambio di paradigma: dal concetto di guidatore sicuro a quello di guidatore virtuoso.

Per chi fosse interessato e volesse saperne di più, inserisco il link al blog che ho dedicato a questo tema. 
http://laviadellaguida.blogspot.com/
 ed il link al gruppo che ho aperto di recente su Facebook:
 http://www.facebook.com/?sk=2361831622#!/group.php?gid=112109345509009

 Grazie per l'attenzione. Dr. Sabino Cannonehttp://www.automobilista.it/guido-con-prudenza-senz-offesa-servono-solo-i-controlli-fuori-dalle-discoteche/

Nuovo commento ad un nuovo post. Risposta, indiretta, al Ministro.

http://www.nuovaresistenza.org/2010/08/23/quotidiano-net-velocita-il-ministro-matteoli-si-ai-150-se-lautostrada-e-ok/

martedì 24 agosto 2010

Commento a : PRIMI TRAGICI RISULTATI DEL NUOVO CODICE DELLA STRADA...

Continua l'opera di incursione verso l'esterno, per far conoscere La via della guida.

http://consumatori.myblog.it/archive/2010/08/21/primi-tragici-risultati-del-nuovo-codice-della-strada-piu-ve.html

Commento a : Il codice della strada secondo i Martinesi (parte I)

Con il commento al post che ho lincato qui sotto, inizia la fase di incursione verso l'esterno, per dare visibilità a questo progetto.

http://www.agoravox.it/Il-codice-della-strada-secondo-i.html

domenica 22 agosto 2010

PRESENTAZIONE

In un periodo storico quale è quello in cui viviamo oggi, di messa in crisi degli stessi fondamenti del vivere sociale, nasce questa mia proposta “LA VIA DELLA GUIDA: come trasformare lo stress della guida nel traffico in un'occasione di crescita individuale e collettiva”.
Una proposta sfaccettata e letteralmente ambigua, rivolta cioè contemporaneamente all'individuo ed alla collettività, in una circolarità virtuosa di reciproco arricchimento, nel riconoscimento della reciproca dipendenza. Parte da una situazione semplice, persino banale, quale è la guida - con qualsiasi mezzo - nel traffico viabilistico quotidiano, sfruttando la notevole energia presente nell'ambiente stradale, per arrivare a trasformare quella stessa energia, percepita fino a quel momento solamente come esperienza stressante, in un'occasione potente per la propria crescita personale e per quella della collettività. In che modo?
Dal punto di vista del singolo, trasformando un qualsiasi spostamento in un vero viaggio, pratico ma anche metaforico, esteriore ed interiore. Le provocazioni arriveranno immancabilmente, ma anziché inveire contro la cattiva sorte, oppure verso il nemico di turno, alla maniera dell'”Automobilista Incazzato”, il fortunato personaggio creato da Joele Dix, quella che - a torto o a ragione, non ha alcuna importanza - viene percepita quale una provocazione, diventa, se gestita in modo corretto, una palestra per la propria capacità di auto-consapevolezza, auto-controllo e crescita personale; nel passaggio, ad esempio da un atteggiamento reattivo ad uno proattivo, che ignora cioè la provocazione. Mentre sul versante della crescita collettiva, la proposta è quella di creare una “Comunità dei guidatori Virtuosi”, una “Virtuous Drivers Community”, per darle un respiro internazionale. Si propone cioè il passaggio da una prospettiva individualistica e verticale, inevitabilmente contrassegnata dalla compiacenza nel rapporto tra il singolo utente della strada e l'autorità, dove gli altri utenti sono percepiti alla stregua di concorrenti, ad un prospettiva orizzontale, comunitaria, dove gli altri utenti sono percepiti quali compagni di strada. Deve essere chiaro che il guidare – un mezzo qualsiasi, anche i propri piedi – è un atto politico, nel senso che riguarda la Polis, il luogo del vivere sociale. Questo giustifica la prospettiva etica qui proposta. Un bel gesto, un gesto virtuoso, si propaga, esattamente come lo fa un brutto gesto. Ma mentre il brutto gesto, il gestaccio, serve essenzialmente a scaricare le tensioni interne di chi lo mette in atto, inquinando “emotivamente” l'ambiente circostante, il gesto virtuoso aumenta il benessere del sistema nel suo complesso. Laddove l'aumento del benessere del sistema si riversa a cascata in un maggior benessere anche per il singolo.

martedì 10 agosto 2010

Appunti di viaggio urbano

Ore 10.30 Comune di Monteleone (PV)
Come tutte le mattine ormai da una decina di giorni e tutte le estati da una decina d'anni, passo attraverso il Comune di Monteleone per andare alla terme di Miradolo.
E ogni volta attraverso una strada dove è fatto divieto di fermata, sosta, o parcheggio alle automobili, ma puntualmente ogni volta che passo di lì c'è sempre qualche mezzo parcheggiato sul lato destro della strada, incurante del disagio che arreca alla circolazione. Come sempre, anche questa mattina passando di lì vedo che la strada non è sgombra, come dovrebbe essere, ma ci sono due automobili parcheggiate in fila e da una di queste sono appena scese due donne, quindi quel mezzo è appena arrivato. Come al solito rallento e attraverso il centro abitato ad una velocità molto bassa, anche perché, come al solito, dall'altra parte sta per sopraggiungere un altro veicolo. Noto che è abbastanza grosso, per cui rallento ulteriormente, ma alla fine sono costretto a fermarmi per non andargli addosso. Con mia grande sorpresa noto la paletta della vigilanza urbana posizionata davanti al cruscotto di guida. Da ciò deduco che si tratta di un mezzo della vigilanza del Comune. La conferma arriva subito perché il guidatore di questo grosso veicolo, una specie di Range Rover modello rustico, mi fa subito presente che io avrei dovuto fermarmi davanti alle vetture ferme, per dargli la precedenza. Perché è questo che prescrive il regolamento. Rimango interdetto, senza dire una parola, chiedendomi come avevo fatto a cacciarmi in questa scomoda situazione. Grazie sicuramente al fatto che me ne ero stato ben zitto, una volta fatta la sua sparata sul regolamento, questo tutore dell'ordine in borghese se ne va. Io tiro un sospiro di sollievo e comincio ad interrogarmi su come mi sia potuta succedere una cosa del genere. In punta di diritto quel signore aveva ragione, io avrei dovuto fermarmi ed aspettare che passassero le macchine provenienti in senso contrario, perché era loro la precedenza. Già, ma allora perché non l'ho fatto? Semplice, per la banalissima ragione che qui nessuno lo fa, nessuno si ferma completamente. Si cerca di passare comunque, rallentando e stringendosi un po'. Questo è diventato il dialetto del posto. Questa è la prassi comune ed incidenti in quel punto, in dieci anni di frequentazione, non ne ho mai visti. L'incidente invece questa volta l'ho visto molto vicino, mi sono fermato a non più di 30 centimetri dall'altra vettura. E la colpa sarebbe stata mia. Qui i conti non mi tornano. Se l'effetto della presenza dei tutori dell'ordine alla fine è quello di aumentare il rischio di incidente, allora forse è meglio che se stiano nei loro uffici. Quello che mi ha maggiormente dato fastidio è il fatto che se la sia presa con me e non con i proprietari delle macchine parcheggiate abusivamente. Si è cioè occupato dell'effetto e non della causa.
Mi viene da fare un accostamento metaforico. Mi pare che quel signore si sia comportato come un semaforo, il quale semaforo mi sono fatto la convinzione che complichi la vita degli automobilisti, invece di migliorargliela. Il semaforo si pone come ulteriore variabile in un contesto già complesso di suo. Monopolizzando le comunicazioni degli automobilisti verso sé stesso, rendendo quindi inutili le comunicazioni orizzontali tra utenti della strada. L'importante è passare con il verde e fermarsi con il rosso. Null'altro ha importanza. É l'apoteosi della comunicazione one-to-one. Ognuno è orientato verso il semaforo. E' il concetto dell' ”automobilista girasole”(ma in generale di ogni utente dell'ambiente strada, perché il semaforo - in teoria - lo devono rispettare tutti).
Il concetto, per essere ancora più chiari, è quello dell'intermediario, che con la sua stessa presenza, de-responsabilizza.

venerdì 6 agosto 2010

La tecnologia ci salverà?



Rispondo al post di oggi di Luca Conti sul Blog Tekneco.
http://mrgreen.tekneco.it/post/911758762/la-tecnologia-ci-salvera

La domanda che Luca Conti pone è: “La tecnologia ci salverà?”

La prima cosa che mi viene in mente è la famosa frase che Dostoevskij - ne l'Idiota - mette in bocca al principe Myskin, riportata da un terzo personaggio: “E' vero, principe, che una volta avete detto che il mondo sarà salvato dalla bellezza?”.
E' importante rilevare che è appunto un “Idiota”, o almeno ritenuto tale, a parlare. Verità così “scandalose” sono accettate solo se chi le profferisce non è ritenuto credibile. Così come avveniva per il giullare di corte e avviene oggi con la satira.
Il problema della tecnologia è che si rivolge al singolo, “salva” il singolo, gli risolve molti problemi e in qualche modo lo avvantaggia rispetto a chi non la utilizza.
Così è stato per ogni invenzione: dalla clava al computer, passando per l'automobile, tanto per rimanere nel campo a me più famigliare.
La tecnologia mostra tutti i suoi limiti se spostiamo invece l'ottica dal singolo all'intero contesto, alla collettività. Quel valore aggiunto che la tecnologia da al singolo, si vanifica se i calcoli vengono fatti in riferimento alla totalità. Il vantaggio, in termini relativi, dei primi fruitori di una tecnologia viene vanificato se tutti dispongono di quella tecnologia. Così come è avvenuto per le automobili!
Chiediamoci: quale futuro abbiamo come possibilità di vita su questo pianeta per le prossime generazioni? E poi, di quali generazioni stiamo parlando? Generazioni di quale specie?
Della specie umana? Ma possiamo ancora considerare come umana una specie che sempre di più si ibrida con la tecnologia, allontanandosi sempre di più dai ritmi, dalla dimensione e dalla specificità animale?
Un esempio.
Dal Corriere Della Sera on line del 20 luglio 2010 riporto la seguente notizia: “Da Milano a Shangai senza conducente - Progetto «Overland 13»: raggiungerà la metropoli cinese per la chiusura dell'expo”.
http://milano.corriere.it/notizie/cronaca/10_luglio_20/shanghai-overland-expo-guida-autonoma-1703420525442.shtml
Ebbene si, ci stiamo arrivando. Non manca molto alla guida senza conducente, o meglio, con conducente tecnologico. Quindi, per rispondere alla domanda iniziale, potremmo benissimo considerare questo un modo per aumentare la sicurezza stradale, la tecnologia che ci salverà dagli incidenti stradali. Già, ma a me suona un po' come il buttare via il bambino con l'acqua sporca. Il presupposto della ricerca in oggetto - mi parrebbe di capire - è che i rischi di incidente derivino dal “fattore umano”, per cui basta togliere il fattore umano e abbiamo realizzato la maggiore sicurezza possibile. E la guida virtuosa?
Voglio dire: e la possibilità di utilizzare la guida nel traffico come una delle possibili forme della crescita personale e collettiva, dove va a finire? Ho già capito che mi dovrò riciclare e preparare corsi di guida virtuosa per robot-autisti. O meglio, non sarò io a farlo, ma un altro robot- psicologo del traffico!

sabato 31 luglio 2010

Appunti di viaggio urbano

30 luglio 2010
Ore 15.30, Viale Cassala, al semaforo all'angolo con Via Schievano, Milano.
C'è pochissimo traffico oggi su questa arteria normalmente molto frequentata. Quando il semaforo diventa rosso, la macchina che mi precede si ferma sulla corsia di destra, ma molto prima del semaforo ed a metà tra quella stessa corsia e quella più a destra riservata alla svolta a destra continua. Io mi metto inizialmente dietro questa macchina, in posizione corretta, ma poi, quando sopraggiunge un'altra automobile che comincia a suonare e la macchina che mi precede inizia a risponderle, mi sposto sulla corsia di sinistra, ancora insolitamente vuota. Ma il dialogo tra i clacson delle due vetture continua, fino a quando il guidatore della macchina davanti, una vecchia macchina di media cilindrata, molto dimessa, guidata da un uomo relativamente anziano, con un piglio tra il machista e lo sfigato, si sposta per lasciar passare l'altra macchina, un suv, guidato da una donna relativamente giovane e decisamente in carriera. A questo punto tutti si sarebbero aspettati che il suv superato l'ostacolo si affrettasse a svoltare a destra, una manovra questa che è capitato di fare diverse volte anche a me, ad esempio. E invece no! Il suv supera si la macchina che aveva davanti, ma non svolta affatto, prosegue diritto e attraversa da quella posizione il semaforo, per poi fermarsi per girare a sinistra. Una manovra davvero sconcertante, tanto è vero che ha sconcertato oltre a me anche l'altro guidatore, il quale riprende a suonare il clacson, per manifestare, si presume, il proprio punto di vista sulla manovra messa in atto dalla guidatrice del suv. Lo seguo ancora con la coda dell'occhio e dopo un breve tratto lo vedo svoltare a destra, nel parcheggio di un supermercato. Non so se per fare la spesa o per aspettare la signora del suv... Finale aperto.